interiorità

Quarantena e Quaresima. Ermes Ronchi

Siamo alla fine di questa particolare quaresima e alle porte del Triduo Pasquale. In questo tempo, come Gesù nel deserto o come il popolo d’Israele nel tempo dell’esodo dalla schiavitù alla liberazione, abbiamo dovuto capire cose nuove di noi stessi, della nostra vita, delle nostre relazioni e priorità. Desidero condividere questa intervista (con qualche mio lieve adattamento redazionale) a Padre Ermes Ronchi, che vive al convento di Santa Maria del Cengio a Isola Vicentina, per avvicinarci alla Santa Pasqua con questo invito al cammino verso la luce e la bellezza di Dio. F.M.

Coronavirus Covid-19 e Quaresima. Ermes Ronchi: “Cenere e deserto per mettersi in cammino verso la luce e la bellezza di Dio”

Tra emergenza sanitaria e Quaresima c’è un singolare legame, quello delle rinunce e dei sacrifici. Una sorta di duplice “digiuno” che si aggiunge alle privazioni – piccole o grandi – che i credenti solitamente si impongono in questo periodo di preparazione alla Pasqua: digiuno della messa, per questi ultimi, e delle relazioni, per tutti, finalizzato al contenimento della diffusione del coronavirus. Eppure, secondo il teologo, questo tempo di emergenza ci ricorda la nostra fragilità, ci insegna a rispettare la vita, ci fa riscoprire il bene comune, ci riporta alla nostra interiorità. “Sono giorni in cui sentirsi incalzare da qualcosa che ci preme dentro ed è più caldo, più intenso, più luminoso di tutto ciò che ci preme da fuori”

In un tempo spiritualmente forte come la Quaresima, l’emergenza sanitaria ci costringe a fare i conti con qualcosa che non vorremmo ammettere: la nostra fragilità. “In questi giorni avverto anzitutto il sentimento della precarietà della vita che posso perdere da un momento all’altro e, al tempo stesso, della vita come dono”, rivela al Sir p. Ermes Ronchi, teologo dell’Ordine dei Servi di Maria, scelto nel 2016 da Papa Francesco per guidare gli Esercizi spirituali di Quaresima per il Pontefice e per la Curia romana.

Ermes Ronchi

Padre Ronchi, che cosa sta nascendo di buono in questo tempo di emergenza?
La consapevolezza che la mia esistenza e quella degli altri non dipendono da me; non sono io il padrone della vita. Basta un virus – ancorché con un nome regale – a metterla a rischio. Un virus che può aiutare tutti noi a purificarci dalla nostra indifferenza di fronte a questo mistero che la nostra società tenta di controllare e a volte “dominare” attraverso il progresso scientifico-tecnologico.

Questa emergenza è in realtà un invito a servire la vita.
Anzitutto ponendo fine alla superficialità, all’indifferenza, all’egoismo che fa mettere me al centro di tutto; quindi non dimenticando che tutto è dono. La salute e il buon funzionamento, oggi, delle cellule del mio corpo sono un dono da riscoprire; nulla è scontato o dovuto. […]

Quaresima significa quarantina, ossia quarantena, in sorprendente analogia con quanto stiamo vivendo. Quali frutti positivi possono derivarne?
Chissà che questa precarietà, il senso di un “nemico” che incombe su di noi non siano davvero le ceneri che in alcune zone la liturgia del mercoledì non ha potuto imporre. Sono probabilmente queste le ceneri che imponiamo sulla nostra esistenza per incamminarci verso la luce sfolgorante della Pasqua, prefigurata dal Vangelo della Trasfigurazione. Se accogliamo queste ceneri fatte di limiti, rinunce, paure, fatiche, malattia, sofferenza, morte, allora possiamo entrare in una consapevolezza più grande, quella di essere coinvolti e responsabili gli uni degli altri, base del vivere civile e del vivere cristiano.

‘In ognuno di noi c’è l’orma di ognuno; in ogni vita entrano in vari modi tutte le esistenze’.

La Quaresima accende una luce sulla nostra precarietà: il Vangelo della prima domenica di Quaresima ricordava che non di solo pane vive l’uomo. Non possiamo vivere trasformando tutto in beni economici; in momenti come questi ci accorgiamo che il re capitalista è nudo e che si vive anche di contemplazione, di bellezza, di relazioni, di sapienza.  Ma viviamo anche di vita donata per curare gli altri, come quella di questi eroi moderni che sono i medici e gli infermieri che soffocano la paura per dedicarsi con abnegazione a chi è fragile e malato.

‘Questi giorni “senza” possono costituire un’opportunità per dedicarci a qualcosa che di norma fuggiamo come un nemico: l’interiorità’.

Si può avere tempo per meditare, pregare, camminare, vivere la pura gioia del dono e del ringraziamento, viaggiare interiormente in compagnia dei grandi di ogni tempo.

Questo è il momento di rientrare in sé, tornare all’interiorità, al mio io che si accende davanti al mistero della vita e al mistero di Dio. Sono giorni in cui sentirsi incalzare da qualcosa che ci preme dentro ed è più caldo, più intenso, più luminoso di tutto ciò che ci preme da fuori.

fonte: https://www.agensir.it


Alcune mie poesie del 2009: Triduo Laico https://elbagolo.wordpress.com/2012/04/09/triduo-laico/